Psicologia

DSA facciamo un po’ di chiarezza

Prendiamo una domenica pomeriggio di tranquilla routine: una mamma e suo figlio sono a casa, lei si gode sul divano il suo film preferito, lui è concentrato sui suoi quaderni per i compiti a casa. Una normale scena di famiglia che però rischia di diventare una bomba a orologeria, quando compaiono i primi segnali di opposizione e lamentele.
Il ragazzo perde la voglia di fare i compiti, si presentano primi ostacoli che lo bloccano irrimediabilmente in quanto da solo è incapace di superarli. I problemi gli appaiono impossibili perché non sa come risolverli e allora la mamma comincia a spazientirsi, poi ad urlare contro di lui, infine ricorrere a ricatti e punizioni pur di farlo studiare.
E’ così che un’esperienza importante come quella dell’apprendere diventa motivo di ansia e litigi; il ragazzo si sente frustrato, incapace e rabbioso, il genitore in colpa, impotente ed esasperato.

Svolgere i compiti a casa o andare a scuola, come sappiamo bene, non è sempre questione gradita dai nostri bambini e ragazzi. Del resto prima di loro non lo è stata neanche per noi.
Nella mia esperienza clinica ho incontrato diversi genitori che raccontano l’esperienza scolastica dei propri figli come un vero e proprio incubo per tutti. Insegnanti che lamentano svogliatezza, poco impegno, intelligenza non sfruttata e genitori che durante il colloquio con un po’ di vergogna e colpa confidano di essere arrivati anche ad insultare quel figlio che proprio non vuole impegnarsi.

Ma partiamo dall’inizio e cerchiamo di capire che cosa sia l’apprendimento.
Apprendere è un’esperienza complessa, diversamente da ciò che generalmente crediamo. Non è solo l’intelligenza e la razionalità a determinare il successo dell’apprendimento perché anche le emozioni rivestono un ruolo importante. Esiste, ad esempio, un collegamento molto forte tra la memoria e le emozioni, infatti la forza dei ricordi dipende dal grado di emozione che sperimenta il bambino, ma anche l’adulto, durante una spiegazione. Le emozioni positive, l’entusiasmo e la curiosità suscitate, rafforzano le conoscenze che si acquisiscono facendo sentire il bambino sereno e capace, restituendogli cioè un’immagine positiva di se stesso che lo motiva nello studio.
Lo stesso vale però per le emozioni negative, prime tra tutte il senso di colpa e la paura. Se il bambino si trova ad imparare in un ambiente scolastico o domestico che suscita ansia, ad esempio per il timore di essere ripreso o svalutato, o angosciante, in cui sono frequenti litigi o conflitti il livello di cortisolo (l’ormone dello stress) si innalza e le capacità intellettive vengono meno, provocando bassa concentrazione, memorizzazione eccetera. Queste emozioni negative creano una sorta di cortocircuito emozionale (Prof.ssa Lucangeli Daniela) per cui ogni volta che si cerca di recuperare certe informazioni apprese in precedenza l’ansia, la paura e l’angoscia emergono nuovamente.
Il bambino ripetendo queste esperienze negative costruisce un’immagine di se stesso negativa, ritenendosi inefficace nell’affrontare i compiti richiesti e fallimentare con un livello di autostima basso.
Esistono, poi, delle situazioni in cui queste emozioni negative possono ripetersi a causa di alcune difficoltà come nei Disturbi dell’Apprendimento che se non segnalate ed affrontate possono compromettere l’esperienza scolastica del bambino e l’immagine di se stesso che va costruendosi.

Ma chi è il bambino con  Disturbo dell’Apprendimento?

Se chiedessimo ad un insegnante di descriverci uno studente standard risponderebbero probabilmente che non è possibile, in quanto ogni studente ha una propria personalità con caratteristiche diverse.
La situazione, però cambia quando si chiede di descrivere chi è il bambino con DSA in questo caso le risposte frequenti sono:

“ Lo studente con DSA si impegna molto ma a causa delle sue difficoltà non riesce”

“Lo studente con DSA si adagia perché può utilizzare degli aiuti durante le interrogazioni”

Partiamo da un presupposto: il Disturbo Specifico dell’Apprendimento non ci dice nulla rispetto al bambino in questione che avrà un suo carattere, una propria storia personale e come tale sarà diverso da tutti gli altri.
Il DSA ci informa solamente sul fatto che quel bambino possiede un modo specifico di apprendere.
Il termine DSA fa riferimento ad un gruppo eterogeneo di difficoltà in diverse aree dell’apprendimento che include:

DISLESSIA – difficoltà nell’effettuare un a lettura accurata e fluente che possono ripercuotersi sull’acquisizione del vocabolario e sulla capacità di comprendere i testi letti;

DISORTOGRAFIA – che consiste nel commettere ripetuti errori di ortografia molto diversi tra loro. Spesso gli errori sono più frequenti alla fine del testo, quando compare una maggiore stanchezza dovuta allo sforzo. Nonostante la regola venga ripetuta loro diverse molte non viene ricordata, manca cioè l’automatizzazione della regola;

DISGRAFIA – riguarda una difficoltà importante nella grafia. Le lettere appaiono poco chiare, la pressione non sempre adeguata, il segno grafico poco fluido. Inoltre possono esserci difficoltà nel mantenere l’ordine e l’organizzazione dei propri materiali di studio e negli ambienti in generale;

DISCALCULIA – difficoltà nell’area del numero che può riguardare la comprensione nell’attribuire la giusta quantità ai numeri, nell’ordinarli, nello scriverli e nel calcolo (addizione, sottrazione, ecc…) oppure nel ricordare le procedure matematiche – come quelle della divisione – o i fatti aritmetici come le tabelline;

Alcuni segnali utili per i genitori al fine di identificare un possibile disturbo dell’apprendimento possono essere:


1. Il bambino spesso compie nella lettura e nella scrittura errori caratteristici come: inversione di lettere e di numeri (es. 21 vs 12);

2. Sostituzione di lettere (m/n; v/f; b/d, a/e);

3. A volte non riesce ad imparare le tabelline ed alcune informazioni in sequenza come le lettere dell’alfabeto, i giorni della settimana, i mesi dell’anno;

4. Può fare confusione per quanto riguarda i rapporti spaziali e temporali (destra/sinistra, ieri/domani, mesi e giorni);

5. Può avere difficoltà ad esprimere verbalmente quello che pensa;

6. In alcuni casi sono presenti anche difficoltà in alcune abilità motorie (ad esempio allacciarsi le scarpe)

(Associazione Italiana Dislessia)

Genitori, se pensate che vostro figlio possa avere delle difficoltà andate oltre la svogliatezza e la pigrizia, non continuate a sgridarlo o punirlo perché non si impegna abbastanza. Piuttosto date anche a lui l’opportunità di liberarsi da una scomoda etichetta.
Il consulto con un professionista è sempre il primo passo per capire come fronteggiare la situazione.

Se avete riscontrato in vostro figlio uno o più punti in comune con la lista dei 6 punti sopra citati potete contattarmi cliccando sul pulsante qui sotto.

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